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RACCONTO BREVE

Primo giorno di prigionia, al buio senza cibo né acqua. Io e i miei compagni eravamo stati catturati il giorno prima e rinchiusi in un luogo senza porte e senza finestre. Poche ore dopo la cattura sentii uno scossone, ci stavano spostando. Non so esattamente dove volessero portarci ma una volta arrivati, non ci aprirono la porta. Ammassati l'uno sull'altro senza aria e senza luce molti morivano, spezzati, la loro vita distrutta.
Secondo giorno: un nuovo scossone, anzi diversi, questa volta ci stavano spostando, ma la strada sembrava dissestata e molti di noi battevano la testa o si facevano male cadendo addosso agli altri. Ci fermammo. Per alcuni istanti ci fu quiete, subito dopo una scossa e poi di nuovo quiete. Buio e quiete.
Terzo giorno: un'ennesima scossa ci sveglia, per quanto né so doveva essere mattina presto ma non né ero certo...ormai avevo perso la cognizione del giorno e della notte...delle ore, dei minuti, dei secondi...Ero stremato senza forze.
Poi una luce.
Finalmente luce e una ventata d'aria fresca entrarono dalla porta della prigione.
Spaesato e confuso, accecato dalla luce, non vedevo cosa stesse accadendo davanti alla porta. Qualche istante, e la porta si richiuse. Mormorii e voci percorsero la prigione e arrivarono fino a me.
Quella mattina delle mani avevano portato via diversi compagni. 4 o 5 dicevano alcuni, altri dicevano di più. Il buio invadeva di nuovo il luogo, ma non per molto tempo... Nel pomeriggio le mani tornarono e anche questa volta portarono via 5 o 6 di noi. Dei primi usciti non si seppe più nulla, dei secondi....nemmeno.
Le rappresaglie continuarono.
Nei giorni a seguire, io e i miei compagni eravamo sempre più spaventati.
Le rappresaglie non avvenivano ad intervalli regolari, a volte passavano giorni prima che la porta si aprisse di nuovo, a volte ore o minuti. Non eravamo mai preparati, sempre sul chi vive, sempre più tesi e impauriti.
Che cosa volevano quelle mani, perché ero finito qui? che crimine avevo mai commesso? Erano domande che mi tormentavano. Ogni giorno qualcuno veniva portato via. Era insopportabile, magari avevo parlato con lui o lei fino a qualche istante prima e veniva portato via davanti ai miei occhi. Inerme, incapace di reagire e colpevole di essere stato risparmiato perché avevano preso prima lui di me.
Qualche settimana dopo, già non desideravo rivedere la luce, tremavo al solo pensiero che quella porta si aprisse, eravamo rimasti in 3.
Sapevamo che la volta dopo sarebbe toccato a noi.
La ventata d'aria fresca, la luce non significavano più vita, ma morte.... eppure il buio mi ripugnava.
La mia voglia di vivere mi faceva ancora sperare, che in quella luce potesse esserci la libertà. Che quella luce mi avrebbe salvato da quell'inferno e liberato dall'oppressione che sentivo.
La luce portava alla morte, ma era pur sempre meglio della reclusione! Così decisi. Avrei accettato di morire...
Ero pronto.
Mi sarei abbandonato a quelle mani, le stesse mani che mi avevano tolto la libertà, prima, e la vita, ora.
...pochi minuti dopo, la porta si aprì, la luce mi accecò e l'aria mi sbatté in viso per l'ultima volta.
Le mani carceriere entrarono...
mi afferrarono e... FINE.
Storia di un biscotto fortunato, perché fu l'ultimo ad essere mangiato.

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